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La mia Resegup 2015

Angelo Orlando ResegUp

Alla fine trovare un compromesso tra divertimento ed un buon tempo gara è stato difficile, questa è la mia impressione a posteriori. Tempi alla mano così è stato.
Ha prevalso il timore per il caldo afoso della partenza, circa 37 gradi al suolo, caldo complice del ritiro di qualche pezzo grosso come uno Ionut Zinca che ho trovato seduto e dismesso ad un angolo verso il 3o-4o km ; era consapevole che questa non sarebbe stata la sua giornata. Incoraggiarlo a riprendere la corsa, abbracciarlo e stringergli la mano è venuto spontaneo a me come a tanti altri dietro di me.

Anche per questo ho preferito una gara prudenziale, cercando di idratarmi ad ogni dove, scegliendo un ritmo non eccessivo, temendo l’insorgere di crampi e/o sentirmi calare sul fisico, sulle gambe , all’improvviso, la penalità dela settimana di scarico disattesa per essermela spassata con altri compagni su altre montagne. Ma chì se ne frega!

Al di là della parte tecnica quello che mi resta dentro di questa Resegup è l’aria di festa che l’organizzazione è riuscita a farci respirare dal mattino alla sera. Bella la passione per questo sport. Bella la soddisfazione di aver fatto parte di un grande evento.

L’importanza di questa gara, la mia prima “sky running“, l’ho avvertita solo poche ore prima della partenza; ho avuto coscienza di averla snobbata i giorni e le settimane precedenti, troppo occupato a correre e a divertirmi come ho anticipato!

Mi ero fatto almeno tre corse di allenamento verso la vetta del Resegone nei mesi precedenti per
capire i ritmi, le difficoltà del percorso, prendere confidenza con questa montagna e capire come mi
avrebbe accolto. Alzare lo sguardo alle sue cime mi trasmetteva una forma di vertigine che dovevo combattere.
Ogni qualvolta venivo a Lecco guardavo quella vetta, quasi sempre innevata , ancora sconosciuta, e mi trasmetteva timore: timore per la sua verticalità, la sua forma, la sua imponenza, e poi pensavo a tutte quelle leggi della natura che hanno il sopravvento e ci rendono piccoli e anche inutili quando sfidiamo le montagne.

La prima volta che ho provato a conoscerla, era ancora marzo, la neve mi aveva bloccato l’ascesa ai piani d’Erna. La seconda volta, ad aprile, il freddo , la pioggia e la scaramanzia di un venerdì 17 mi avevano bloccato poco oltre la Bedoletta. Solo al terzo tentativo ero riuscito a raggiungere la cima. Una settimana prima della gara.

Poche ore prima della partenza, dopo aver ritirato il mio pettorale, ho sentito il peso di quella sfida che avevo accettato e covato dentro da un anno. Ammetto di aver pianto. Ma tanto!
Alla fine, nonostante tutto, a quel giorno c’ero arrivato tutto intero e dubito che la sfida sia stata solo sportiva. Sul mio computer è dalla precedente Resegup la foto di Emelie Forsberg (reginetta mondiale del Trail) nel suo passaggio ai piani Resinelli nel 2014.

Forse l’emozione è nata dal sentirmi arrivato al traguardo della celebrazione della mia passione trail
nata esattamente un’anno prima, con me presente a questo evento come spettatore e con l’invidia
dei miei compagni di squadra che se la vivevano da protagonisti.

Vortice di pensieri.

In mille alla partenza, uno sparo e via per quest’avventura, perchè la RESEGUP non è una semplice gara, per me e per molti altri è tutto un pomeriggio da dedicare alla conquista di una vetta , un pomeriggio da dedicare alla passione per la montagna, gustandoci i paesaggi in quota , prossimi al sole e al cielo , attraversando le nuvole, percorrendo sentieri che per un giorno diventano vie interminabili di una lunga processione. Ogni ristoro diventa zona di festa.

Uscendo dall’ombra della vegetazione d’istinto si butta un timido sguardo a Lecco che è sempre più distante. Attorno a noi il tempo cambia, nuvole basse coprono il sole portandoci brontolii elettrici in arrivo da altre vette assieme ad una fresca brezza.

Niente di più dopante che affrontare la salita col sorriso dei volontari e con l’incitamento degli amici che ci portano rifornimenti. Ormai la salita diventa una vera e propria scalata a roccia ma il più è fatto.

Alla vetta del Resegone, al Rifugio Azzoni, ci arriviamo accolti da corni, grida, cori e applausi da
tifosi rinvigoriti dalla birra che deve essere scorsa a fiumi. Beati loro perchè sui banchi del
ristoro non ne ho trovata. Quì è festa.
Si riparte e finalmente è discesa, molto tecnica, sentieri di ciotoli e pietroni verso il passo del Giuff , il ritmo da camminata diventa corsetta. Qualche km e si ritorna dentro la vegetazione. Leggeri sali e scendi su un un terreno fattosi morbido.
Ben presto si arriva in prossimità dei Piani d’Erna con i loro enormi pratoni: l’unica certezza è che adesso la strada sarà tutta in discesa; magra consolazione perchè verso il Rifugio Stoppani il sentiero diventa “dannatamente” tecnico per le pietre e le radici in grande evidenza, la corsa è quasi impossibile, si rischiano brutte storte e la gara và portata a termine con entrambe le caviglie.
Si scende e ad ogni bivio i volontari indicano il percorso corretto. Allo Stoppani è ancora festa.
E ancora si scende.
Sassi, radici, mulattiere e infine ecco le scalinate dei primi paesini, famiglie locali che dai loro rustici appartamenti si affacciano per salutarci e organizzano dei mini ristori , sui lati bimbi chiassosi che ci porgono un bicchiere d’acqua in cambio di un cinque umido sulla mano.
Mancano pochi chilometri e dopo i gradini delle scalinate arriva l’asfalto che ci concede almeno un aumento di ritmo e di velocità.
Negli ultimi chilometri si inizia a sentire la stanchezza accumulata e le vie della città sembrano mai più finire. Si entra nei giardini del parrocchiale ed ecco l’ultima scalinata prima del gonfiabile dell’arrivo.
Sotto il gonfiabile si ferma solo il tempo , finisce la corsa ma non la magia.
Le immancabili foto di rito quindi ci si dirige al ristoro dove è occasione per altri sorrisi e agorà con gli amici con cui si è corso su questa ed altre vette , il tempo di scambiare opinioni , emozioni ancora calde e pulsanti, incrociando sorrisi nuovi che cancellano la stanchezza della giornata e ci coinvolgono alla ricerca di nuove avventure.

Bellissimo vedere una città colorata di sport, un lungo lago che diventa un campus di atletica, e attorno la maestosità delle altissime cattedrali millenarie che la circondano, Lecco.

Considerazioni finali.

Le nostre gambe, la volontà , una certa continuità , sono ciò di cui abbiamo bisogno per trasformare una fantasia, un desiderio in realtà.

E’ proprio questo correre in montagna, entrare nella natura, scoprirla, farsi accogliere, sottostare alle sue regole e con le nostre gambe raggiungere una vetta dopo l’altra per la sola e semplice soddisfazione di poterci poi guardare indietro e ammirare l’orizzonte che abbiamo percorso.

E rammento queste parole che mi sembra sintetizzino sufficientemente la filosofia del trail: “e dietro ogni montagna c’è un altra montagna”. Una parvenza di analogia con il mito di Sisifo anche se priva della tragicità originale.

Nei giorni di riposo guardo le montagne che mi circondano pensando a quelle che ho percorso e a quelle che mi aspettano. Nei miei dintorni ne conto sempre meno 🙂

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